domenica 12 dicembre 2010

Il linguaggio dei capelli


Nella comunicazione non verbale, che coinvolge ogni parte del corpo, i capelli, in virtù della posizione strategica che occupano nel corpo, posti sopra la testa, così da essere sempre ben visibili, giocano un ruolo fondamentale: ci dicono se la persona che abbiamo davanti è maschio o femmina (in base alla loro lunghezza), se è giovane o anziana (in base al colore), qual è la sua condizione sociale, la sua professione o addirittura il suo stato d’animo. Ma tutto ciò è possibile solo in conseguenza del fatto che i capelli, come tutto il nostro corpo, sono un elemento culturalizzato: noi interveniamo su di essi modificandoli nelle maniere più varie (tagliandoli, arricciandoli, colorandoli, decorandoli) sempre in ossequio a regole sociali e li interpretiamo sulla base di quelle stesse regole. Ad esempio, in molte società la scelta degli uomini di portare i capelli corti corrisponde ad una volontà di integrarsi e, al contrario, i capelli lunghi sono il segno della volontà di sottrarsi ad ogni controllo sociale (gli hippy degli anni ’70 sono un esempio di ribellione alle regole della società).
I capelli e il modo di acconciarli esprimono, dunque, l’identità dell’individuo nella società, il suo ruolo. Così nell’antico Egitto le acconciature caratterizzano lo stato sociale (i membri delle classi più elevate si radevano i capelli e indossavano le parrucche) ma segnano anche il passaggio dall’infanzia all’età adulta (il taglio del codino, che contraddistingue l’acconciatura dei bambini, segna il passaggio all’età adulta). Anche in Grecia il taglio dei capelli, e la loro consacrazione alla divinità, simboleggia la fine della fanciullezza.
Nelle società moderne i ruoli sociali sono molto meno rigidi rispetto al passato e così può accadere che, nel corso della loro vita, le persone assumano condizioni diverse o che giochino più ruoli contemporaneamente. L’acconciatura dei capelli segue quasi sempre questi cambiamenti e muta, rimanendo sempre specchio fedele di ciò che siamo o che vorremmo essere.


Sandro Botticelli,
Ritratto di Simonetta Vespucci
(1480 - 1485 circa)
Tempera su tavola, 82x54 cm
Francoforte, Stadel Museum

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